Enzo, il re del Brenta

Enzo, il re del Brenta
venerdì 30 agosto 2019

Sette ore, quattro minuti e ventitré secondi. Questo il tempo che nel 2018 ha portato Enzo Romeri, trail runner di Fai della Paganella, sul gradino più alto del podio nella gara di casa, la Dolomiti di Brenta Trail, un percorso di 64 km con 4200 metri di dislivello tra le più belle montagne del mondo, patrimonio dell’Umanità.

E pensare che fino a qualche anno fa camminare anche solo fino ad Andalo gli sembrava faticoso.

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“Quando mio figlio Gabriele, tre o quattro anni fa, mi ha messo le mani sulla pancia e mi ha chiesto se aspettavo un bambino, ho capito che dovevo ricominciare a fare qualche tipo di attività fisica, dopo che nel 2011 avevo interrotto la mia carriera agonistica nel ciclismo. Quando sono uscito di casa la prima sera per andare a correre ho incontrato Yanez e Christian, amici e compaesani, e abbiamo iniziato ad allenarci insieme. Un po’ per gioco, dopo solo un paio di mesi, Christian ci propose di iscriverci alla Garda Trentino Trail, una gara di 60 km con 3800 metri di dislivello. Ancora rido quando rivedo le foto di quella prima gara, con uno zaino carico di acqua e panini, come se avessi dovuto partire per un trekking di più giorni. Ho capito però di avere un gran feeling con questo tipo di competizione: dopotutto, l’agonismo e la voglia di fare fatica mi appartengono.”

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“Fate per un anno quello che faccio io e vedrete che a inizio settembre la Dolomiti di Brenta Trail non sembrerà così impossibile.”

Sono in molti a chiedersi come Enzo e gli altri trail runner possano correre per così tante ore e affrontare dislivelli che superano i 3000 metri. “La verità è che la gara è la punta dell’iceberg, sotto ci sono mesi e mesi di allenamenti, che iniziano già a gennaio. Quando sto preparando una gara faccio due uscite giornaliere di un’ora e mezza l’una, al mattino e alla sera: l’uscita a secco senza colazione per dimagrire e abituare il corpo ad avere fame e un allenamento serale più intenso. Le stesse gare sono una sorta di allenamento, in vista della gara più lunga che è l’obiettivo vero e proprio della stagione. Quest’anno poi a inizio agosto mi sono concesso dieci giorni di stop totale per ricaricare fisico e testa. E la testa è proprio quella su cui mi concentrerò maggiormente durante i giorni che mi separano alla gara.”

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Infatti, secondo Enzo, è quella a fare la differenza. “Ovviamente il fisico deve essere allenato, non ci si può alzare dal divano e correre la Dolomiti di Brenta Trail, ma secondo me, con una minima base di allenamento, se uno lo vuole veramente, ce la fa ad arrivare al traguardo, perché è la testa che decide queste cose. Non per forza l’obiettivo deve essere la vittoria. Tutti quelli che partecipano a queste gare lo fanno per un motivo, da chi vuole poter dire di avercela fatta, anche se magari arriva ultimo, a chi ha superato un periodo brutto o una malattia e quindi attribuisce alla gara un significato più intimo e profondo.”

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“È la gara di casa, le Dolomiti di Brenta sono le nostre montagne, ne sono affascinato da sempre. Sul Brenta c’è un pezzo di cuore.”

Non c’è da stupirsi quindi che Enzo conosca il percorso alla perfezione. “La gara ha inizio alle sei del mattino, quindi il primo tratto lo si fa quasi al buio. Quando si arriva a Malga Flavona inizia il Brenta più selvaggio e forse più sconosciuto, ma a mio parere il più bello. Ci si sente veramente in montagna: soli e liberi. L’ultima parte riporta verso il Rifugio Brentei, ai piedi del Campanil Bas e al Rifugio Pedrotti e si iniziano a vedere persone e a sentire il tifo, quando forse se ne ha anche più bisogno. I rifugi non sono solo un semplice punto di ristoro: ci sono gli amici che ti aspettano, che ti incitano. Anche i sentieri sono molto frequentati e l’incoraggiamento degli escursionisti aiuta molto. Chi è trentino poi la gara del Brenta l’aspetta e la vive con emozione, a maggior ragione se un trentino riesce a fare bene. Lo vedo adesso che la gara si avvicina, i faioti quando mi incrociano mi chiedono sempre se sono pronto.”

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Pressione di dover fare il bis? Un po’ forse sì, tutti si aspettano la riconferma. Partire con il pettorale numero 1 (onore e onere riservato al vincitore dell’edizione precedente) mi fa un po’ sentire come se avessi i riflettori puntati addosso. La volontà di vincere ancora ovviamente c’è e partirò con quell’obiettivo in testa. Ma, come ha detto qualcuno più famoso di me, è un sogno, non un’ossessione. Mi sono allenato, fisicamente sono in forma. Per vincere serve la giornata giusta: indossi il pettorale, senti l’adrenalina che ti sale in corpo e una voce nella testa ti dice ‘ok, andiamo’.” 

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